Se ti fiuto ti aiuto!
Intervista a Mariangela Albertini
Intervista a Mariangela Albertini
27 ottobre 2025
Immaginate di sentirvi male e, invece di correre dai medici oberati, bastasse il vostro cane di casa: con una semplice annusata vi darebbe la diagnosi. Questo scenario, che sembra fantascienza, per Mariangela Albertini, veterinaria e docente all’Università di Milano, è realtà. Da oltre dieci anni studia come i cani possano individuare tumori e persino il Covid-19 semplicemente annusando campioni di urina o di sudore. E la cosa sorprendente è che non servono cani super addestrati o di razze costosissime: con un buon addestramento, qualsiasi cane può contribuire a salvare vite. La Prof.ssa Albertini sarà ospite martedì 4 novembre alle 20:45 al MUSE per l’incontro “Se ti fiuto ti aiuto” (prenota qui il tuo posto).
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Dott.ssa Albertini, quindi i cani riescono a fiutare i tumori? Come è nato questo vostro studio?
«Tutto è nato dieci anni fa, quasi per curiosità. Leggendo studi e testimonianze su cani in grado di “segnalare” malattie ai proprietari, ci siamo chiesti se fosse possibile dimostrare scientificamente queste capacità. Così abbiamo iniziato ad addestrare cani e a cercare ospedali con cui collaborare per lavorare su campioni reali».
E cosa avete scoperto?
«Abbiamo dimostrato che i cani riescono a distinguere campioni sani da campioni patologici semplicemente annusando campioni di urina. Ma non solo: sanno riconoscere tumori polmonari rispetto ad altre malattie non tumorali, e addirittura differenziare tumori benigni da maligni, spesso nelle fasi precoci».
Che cani utilizzate? Razze selezionate?
«Usiamo un po’ di tutto. Non sono cani selezionati o super addestrati, usiamo sia cani di razza che cani “di casa”, compreso il mio! Quello che conta è la motivazione e il desiderio di collaborare con il proprio padrone. Se il cane si diverte, lavora bene».
Come funziona l’addestramento?
«Si comincia sempre in laboratorio, in modo controllato. Il cane impara a riconoscere un campione “positivo” tra uno o più “negativi”. Man mano aumentiamo la difficoltà inserendo campioni “ingannevoli”. Ogni cane ha un proprio modo di segnalare: si siede, tocca con la zampa, si ferma davanti al campione. Noi non imponiamo metodi, l’importante è che il segnale sia chiaro».
Tutto avviene su base volontaria?
«Sì. Né i cani né i proprietari sono mai stati pagati. Anche i fondi sono sempre stati pochi: tanta passione e tanta collaborazione».
Avete mai “salvato” qualcuno grazie ai cani?
«Con il tumore no, perché gli ospedali sono ancora molto rigidi e non permettono l’uso dei cani in corsia. Con il Covid è capitato spesso di individuare persone positive che non sapevano di esserlo. Poi i tamponi hanno confermato».
Quindi i cani sono stati utilizzati anche durante la pandemia?
«Sì, quando è scoppiata la pandemia ci siamo chiesti: perché non provare con il Covid-19? Questa volta abbiamo usato campioni di sudore, facili da raccogliere e più pratici per uno screening rapido. Anche lì i cani hanno dimostrato un’altissima capacità di riconoscere i positivi. Hanno persino “diagnosticato” il Covid a me: il tampone successivo ha confermato la loro segnalazione».
Parlando un po’ di lei, ci racconta il suo percorso?
«Al momento insegno fisiologia ed etologia degli animali domestici alla Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano. Ho iniziato occupandomi di fisiologia respiratoria e cardiocircolatoria, ma negli ultimi anni mi sono avvicinata sempre più al comportamento animale, in particolare quello del cane, fino a studiare le sue straordinarie capacità olfattive».
Avete riscontrato difficoltà a trovare partner scientifici?
«Purtroppo, sì, molti ospedali erano diffidenti. Abbiamo trovato appoggio allo IEO, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, dove alcuni chirurghi toracici avevano già sperimentato un “naso elettronico” per rilevare tumori dal respiro dei pazienti. Lo strumento non funzionava come speravano, così hanno deciso di provare con i cani. E hanno fatto bene».
State addestrando i cani a riconoscere altre patologie?
«Stiamo studiando la capacità dei cani di prevedere una crisi epilettica prima che avvenga. Vogliamo capire se utilizzino un segnale olfattivo o visivo. È un campo di ricerca affascinante, con ricadute enormi sulla vita delle persone».
Jacopo MustaffiRelazioni istituzionali e ufficio stampa |
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