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L’extra vergine che parla al cervello

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28 maggio 2025

“Mangiamo prima con gli occhi”. L’espressione, che pare derivi da una figura storica della Roma antica, non è solo un modo di dire ma sottolinea la predominanza del senso della vista sulla percezione del cibo. Fino all’80% delle informazioni che giungono al cervello provengono, infatti, da stimoli visivi. E informazioni come forma e colore, hanno un impatto importante sul processo decisionale del consumo di cibo, arrivando a influenzare – perfino – la percezione del sapore.

Quando parliamo di cibo, attribuiamo al gusto un ruolo principale. Ma quali altri sensi, e in che modo, sono coinvolti nella percezione di un alimento?

Lara Fontana, ricercatrice della Fondazione E. Mach durante il primo appuntamento del ciclo di laboratori sensoriali nell’ambito della mostra “Food Sound. Il suono nascosto del cibo” spiega: “La percezione del cibo è un’esperienza multisensoriale che coinvolge tutti i sensi, ma proprio tutti. I cinque sensi si integrano, si influenzano a vicenda e trasformano ogni assaggio in un’esperienza immersiva sorprendente, a volte anche inaspettata”.

Protagonista dell’esperienza è stato l’olio extra vergine. Grazie ad approfondimenti scientifici, guidati dai sensi e dall’esperienza di Agraria Riva del Garda, è stato possibile capire come degustare un olio extra vergine con consapevolezza e distinguere un olio “buono” da uno di qualità inferiore.

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Come si procede?

Per farlo – ci spiega l’esperto di olio Mauro Nisi – si parte con il naso, annusando il campione di olio. Le sensazioni olfattive che si possono percepire – fruttate, che ricordano l’erba tagliata, il carciofo o la mandorla fresca – si sprigionano e intensificano scaldando il bicchierino di olio tra le mani e facendo ispirazioni lente e profonde”.

A differenza di quanto si possa pensare, l’olfatto negli esseri umani è eccellente, tanto da poter competere con il fiuto dei cani, come dimostrato in un esperimento fatto in un college universitario dall’Università della California – Berkeley (pubblicato su “Nature Neuroscience” a febbraio 2007).

Risulta però molto difficile per noi nominare e classificare gli odori dato che le aree olfattive nel nostro cervello sono distanti dalle aree linguistiche e, invece, in stretta connessione con il sistema limbico. Potremmo quasi dire che il nostro naso ha una memoria! Alcuni odori possono suscitare in noi ricordi o emozioni forti, ma facciamo fatica a dare loro un nome.

Si passa poi all’assaggio dell’olio, con un metodo di degustazione particolare e “rumoroso” che in gergo viene chiamato strippaggio e serve ad amplificare la parte organolettica.
Che gusto si percepisce assaggiando l’olio? Amaro? Certamente sì. Piccante? No. In questo caso sarebbe sbagliato rispondere “piccante” perché non rientra nei cinque gusti decodificati dalle ricercatrici e dai ricercatori (dolce, amaro, salato, acido e umami, il gusto saporito scoperto da ricercatori giapponesi che si trova ad esempio in alimenti ricchi di glutammato di sodio).
Il piccante ha a che fare piuttosto con il senso del tatto o meglio con le sensazioni tattili che percepiamo all’interno della bocca. Le sensazioni tattili orali, causate da meccanorecettori presenti in bocca, permettono di valutare sensazioni come il piccante o il frizzante.

Olfatto e gusto si intrecciano e dialogano a vicenda. Tenendo il naso tappato si può percepire l’amaro dell’olio, ovvero un gusto che viene percepito con le papille gustative della lingua. Il sapore invece, ovvero che l’olio è fruttato, si scopre quando anche il naso viene coinvolto. Questo è dato dal fatto che la percezione olfattiva ha due modalità: la via orto nasale quando si annusa un odore, e la via retronasale quando un alimento viene assaggiato e gli aromi che si liberano arrivano al naso attraverso il canale che lo connette internamente con la bocca.

L’olio non ha un suono mentre lo si consuma, ma è proprio dal rumore dell’olio usato per friggere patatine che è nata in Vincenzo Guarnieri l’idea della mostra “Food Sound”.

L’udito contribuisce ampiamente, anche se spesso non ne siamo consapevoli, nella nostra percezione del cibo – per la valutazione della consistenza, della freschezza di un alimento ascoltando i suoni mentre viene spezzato o masticato – nello stimolare il nostro appetito o nell’influenzare l’esperienza culinaria o le scelte alimentari.

Il suono del cibo quindi completa l’esperienza sensoriale. Per approfondire come i sensi siano coinvolti nella percezione del cibo l’invito è quello di visitare la mostra Food Sound e partecipare al prossimo laboratorio sensoriale che si svolgerà il 23 ottobre attorno al tema miele.

Articolo di

Serena Morelli
Ufficio organizzazione risorse umane e servizi diversi di gestione
Marketing e fundraising

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