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In “FUNGI” esploro le armonie simbiotiche tra funghi, piante ed esseri umani

Intervista all’artista multimediale Marco Barotti

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2 settembre 2025

I funghi fanno parte di un regno poco conosciuto, eppure si intrecciano con la nostra vita in maniera molto più profonda di quello che immaginiamo. Spesso in armonia simbiotica con piante e animali, questi organismi si connettono in reticoli che si possono estendere anche per decine di chilometri.

“Una sorta di ecosistema sotterraneo, definito Wood Wide Web, da cui dovremmo partire per riflettere anche sul nostro rapporto – spesso trascurato e superficiale – con la natura“, evidenzia Marco Barotti, artista multimediale e ricercatore, oggi di casa a Berlino.

Uno dei suoi ultimi lavori, dal titolo “FUNGI”, è esposto al Giardino Botanico Alpino delle Viote del Monte Bondone fino al 14 settembre 2025. L’altra esposizione in corso al Giardino (questa fino al 4 ottobre 2025) si intitola “Microrganisimi Straordinari”, è nata in collaborazione con l’Università di Torino e racconta attraverso 27 fotografie altri organismi spesso invisibili: virus, batteri, lieviti, funghi filamentosi e microalghe.

In occasione dell’inaugurazione dell’opera, abbiamo posto alcune domande all’artista.

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Da dove arriva la tua passione per il regno dei fughi? 

La mia passione per il mondo dei funghi nasce da bambino, quando andavo a cercarli nei boschi con la mia famiglia. Negli ultimi anni, però, questa fascinazione si è arricchita grazie alla lettura di opere contemporanee che propongono nuovi sguardi sul regno fungino. Autori e ricercatori come Merlin Sheldrake o Anna Tsing hanno contribuito a rendere i funghi protagonisti di una narrazione che intreccia ecologia, filosofia e politica.

In queste letterature, i funghi non sono più solo organismi misteriosi del sottobosco, ma diventano simboli di connessione, mutualismo, resilienza e trasformazione. Questi concetti ispirano profondamente la mia pratica artistica, che si sviluppa attraverso installazioni cinetiche e sonore capaci di trasformare dati ambientali in esperienze sensibili.

Lavoro in continuo dialogo con scienziate e scienziati e uso il suono come linguaggio per tradurre la ricerca in forme poetiche, accessibili ma anche scientificamente fondate.

Come nasce l’opera FUNGI? 

L’opera nasce dal desiderio di raccontare il mondo dei funghi da una prospettiva diversa: quella della relazione simbiotica tra i funghi micorrizici e le piante. È proprio grazie a questa collaborazione invisibile — che consente lo scambio di nutrienti attraverso le radici e le reti fungine — se le piante hanno potuto colonizzare le terre emerse.

Da qui è iniziata la mia ricerca sulle connessioni sotterranee che rendono possibile la vita sulla Terra: reti complesse, intelligenti e interdipendenti, spesso ignorate perché fuori dalla nostra percezione quotidiana.

L’opera intende portare alla luce questo ecosistema nascosto, rendendolo visibile e udibile per spettatrici e spettatori, con l’obiettivo di suscitare sentimenti empatici e invitare a riflettere sull’urgenza di rispettare e proteggere queste forme di vita fondamentali, ma troppo spesso trascurate.

Che rumori fanno i funghi? Quali le suggestioni sonore a cui ti sei ispirato? 

Da un lato, ho iniziato la ricerca installando microfoni nel sottosuolo, nel tentativo di ascoltare gli ecosistemi sotterranei: fruscii, vibrazioni, movimenti impercettibili che suggeriscono una vita nascosta, pulsante. Presto ho però capito che non mi interessava tanto registrare questi suoni in modo documentaristico, quanto evocare la dimensione più simbolica e metaforica di queste connessioni invisibili — una rete di relazioni che parla anche alla nostra interiorità, in chiave meditativa e rituale.

Le reti miceliche, come scrive il micologo Merlin Sheldrake nel suo libro Entangled Life, possono essere paragonate a una polifonia: una complessità armonica fatta di voci autonome ma interconnesse. Questo concetto mi ha guidato nella composizione sonora dell’opera, portandomi a includere il canto polifonico Song for Gathering Mushrooms delle donne Aka del Bacino del Congo.

Si tratta di un canto tradizionale che accompagna la raccolta dei funghi nella foresta: ogni donna intona una nota diversa, creando insieme un tessuto sonoro collettivo, fluido, immersivo — una polifonia multicanale che si fonde con l’ambiente circostante. In questa pratica antica ho trovato un profondo senso di armonia tra essere umano e natura.

Come hai unito canti tradizionali e suoni del sottosuolo? 

L’opera utilizza punti dati con coordinate geografiche che descrivono gli ecosistemi fungini provenienti da una banca dati fornita dall’Istituto di Ecologia e Scienze della Terra dell’Università di Tartu, in Estonia. Grazie a un algoritmo, questi dati permettono di modulare il suono in base alla distribuzione dei funghi micorrizici e alle condizioni ambientali locali, creando un dialogo tra la rete sotterranea dei funghi e il pubblico.

Da cosa è composta l’opera? 

L’installazione è composta da 18 sculture in porcellana stampate in 3D, ciascuna dotata di un altoparlante sulla sommità per diffondere il suono. Le forme e le texture delle sculture sono ispirate a immagini di reti micorriziche raccolte nelle campagne estoni, in collaborazione con l’Università di Tartu. Queste sculture fungono da camere di risonanza, trasformando l’ambiente in un ecosistema sonoro immersivo.

Accanto all’installazione, un monitor permette al pubblico di seguire la diffusione della rete sotterranea attraverso un’animazione generata dai dati. Qui è presente anche il “Fungi Oracle”, un’intelligenza artificiale addestrata con pubblicazioni scientifiche sulle micorrize e testi letterari come Let’s Become Fungal, Entangled Life e Ways of Being. L’oracolo fungino offre interpretazioni poetiche e filosofiche sulla simbiosi, invitando a riflettere sul nostro rapporto con la natura.

Le prossime tappe di FUNGI?  

L’opera è già stata esposta a Tartu in Estonia, alle Serre dei Giardini Margherita a Bologna e all’Orto botanico di Belgrado. Dopo l’esperienza al Giardino Botanico del MUSE, si sposterà tra l’11 e il 12 ottobre alla Fondazione Museo Civico di Rovereto nell’ambito di un festival su arte e intelligenza artificiale.  

  • Scopri l'installazione
  • Visita il sito del Giardino Botanico Alpino

Articolo di

Tommaso Gasperotti
Relazioni istituzionali e ufficio stampa
Ufficio stampa
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