
L'Anno dei ghiacciai al MUSE
Da marzo a ottobre 2025, ti aspetta un ricco programma di appuntamenti per conoscere il mondo dei ghiacciai e comprendere il loro valore per il nostro futuro.
Percorso espositivo per l’Anno Internazionale per la conservazione dei ghiacciai
L’Anno Internazionale per la Conservazione dei Ghiacciai offre un’opportunità unica per riflettere sull’importanza di questi ecosistemi e sulle profonde trasformazioni ambientali in atto.
Abbiamo sviluppato un percorso espositivo che esplora le interconnessioni tra il declino dei ghiacciai, i cambiamenti climatici e le loro conseguenze sugli ecosistemi e sulle società umane.
Percorri passo dopo passo tra le sale del museo e comprendi come i cambiamenti climatici influiscono su scala globale: dalle montagne agli oceani, dalla biodiversità alla storia umana.
Per ghiacciaio nero si intende un ghiacciaio che, per più del 50%, è ricoperto da detriti rocciosi che ne scuriscono la superficie. Il fenomeno è conseguenza della fase di deglaciazione in cui ci troviamo, accelerata dai cambiamenti climatici in atto. Questo processo comporta una riduzione dell’area e del volume del ghiacciaio, nonché un aumento delle porzioni di roccia esposti nell’area circostante.
Problema
A causa dell’irraggiamento, le superfici scure assorbono più calore. L’aumento dei detriti sulla superficie dei ghiacciai e l’esposizione delle rocce nelle zone circostanti accelerano ulteriormente la fusione del ghiaccio.
È stato suggerito che tra i coleotteri crisomelidi che si nutrono delle superfici delle foglie in alta montagna, hanno colorazioni metalliche più scure e riflettenti. Questo permette loro di accumulare più calore e, allo stesso tempo, di riflettere parte della radiazione solare.
Problema
L’aumento delle temperature anche a quote elevate potrebbe compromettere la sopravvivenza di quelle specie che hanno, nel tempo, evoluto adattamenti per sopravvivere alle basse temperature in ambienti ad alto irraggiamento solare.
Ogni anno, la pelliccia della lepre variabile cambia colore, diventando bianco candido con il sopraggiungere dell’inverno. Questo adattamento permette all’animale di mimetizzarsi con il terreno per sfuggire ai predatori. Ad innescare la muta non è la presenza della neve, bensì la combinazione di calo di luce solare e diminuzione delle temperature. La crescita della folta pelliccia invernale (perfetta per la neve, un po’ meno per la pioggia) si propaga verso l’alto dalle zampe e attraverso le spalle, chiazzando il corpo nei periodi intermedi tra estate e inverno.
Problema
Negli inverni in cui scarseggiano le precipitazioni nevose le lepri variabili si ritrovano bianche su terreni scuri, risultando così ben visibili ai predatori.
L’essere umano ha da sempre trovato nelle piante preziose risorse. Le piante di montagna sono spesso utilizzate in medicina e in cucina e sono protagoniste di numerose leggende e tradizioni dalle Alpi alla catena Himalayana.
Problema
Con il riscaldamento globale e il ritiro dei ghiacciai, molte di queste piante, adattate a vivere in ambienti estremi, rischiano di scomparire.
Nei sedimenti del Mar Glaciale Artico, intrappolati nel ghiaccio, sono stoccati grandi quantità di metano. Con l’aumento delle temperature e la fusione del ghiaccio, questi depositi stanno gradualmente rilasciando il metano nelle acque oceaniche.
Problema
Poiché il metano ha un potenziale di riscaldamento molto più elevato rispetto all’anidride carbonica, il suo rilascio potrebbe contribuire a un ulteriore aumento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera, accelerando il cambiamento climatico in modo incontrollabile e imprevedibili.
Le immagini di frane, colate e valanghe possono risultare spettacolari e mostrano la natura in tutta la sua potenza.
L’aumento delle temperature fa sciogliere i ghiacciai e il permafrost (suolo ghiacciato) e porta ad un incremento delle precipitazioni intense. Tali fenomeni influenzano la stabilità delle rocce, dei terreni e della neve e il flusso dei corsi d’acqua.
Problema
Con l’aumento dell’instabilità della montagna causata dai cambiamenti climatici, aumenta il rischio di crolli, colate detritiche e di valanghe: un pericolo per chi ama la montagna, ci vive e ne fa uso per attività all’aperto.
I nostri cugini neandertaliani non sono solo icone della preistoria, ma anche un simbolo dell’adattamento a climi molto diversi. Sono vissuti in periodi caldi, ma hanno sviluppato caratteristiche e strategie per sopravvivere anche in condizioni molto dure, come quelle dell’era glaciale.
Problema
La storia dei neandertaliani ci ricorda come i cambiamenti climatici abbiano da sempre influenzato la vita umana e sebbene loro siano riusciti ad adattarsi, le sfide odierne per noi potrebbero risultare più difficili, con impatti globali e inaspettati.
Le stalattiti e le stalagmiti al loro interno presentano strati simili ai cerchi degli alberi. Questi accumuli di minerali conservano informazioni sulle passate condizioni climatiche della Terra come temperatura e umidità. Attraverso la loro analisi possiamo scoprire come il clima sia cambiato nel corso dei millenni e quali cambiamenti nei composti chimici presenti sono avvenuti.
Problema
A partire dalle Rivoluzione Industriale è possibile notare una maggior irregolarità del clima con periodi di aridità o di umidità che riflettono le alterazioni nei cicli climatici naturali causati dalle attività antropiche. In queste formazioni risulta ben visibile anche un aumento anomalo di carbonio e altre sostanze inquinanti.
Le formazioni di ferro a bande sono costituite dagli scarti prodotti da antichissimi batteri oltre due miliardi di anni fa. L’ossigeno da essi liberato si ricombinava con il ferro presente nelle acque, che poi ricadeva sul fondo del mare. Alla fine, l’assenza di ferro libero negli oceani cambiò talmente la composizione chimica dell’acqua tanto da originare una glaciazione che ricoprì quasi tutto il pianeta.
Problema
Le formazioni di ferro a bande narrano una vicenda affascinante: anche organismi minuscoli come i batteri sono stati in grado di riscrivere la storia della Terra. Nonostante fosse divenuto quasi interamente ghiacciato, il nostro pianeta è riuscito nuovamente a trasformarsi, divenendo l’ambiente ricco di vita che conosciamo oggi. Un collegamento inaspettato tra geologia antica e il nostro presente.
Il disgelo del permafrost porta alla luce testimonianze incredibili del passato: mammut congelati con il pelo ancora intatto, mummie di tigri dai denti a sciabola, ma anche virus e batteri rimasti sigillati per migliaia di anni. Questo exhibit affascina e inquieta allo stesso tempo, mostrando come il passato possa riemergere in modi sorprendenti.
Problema
I virus e i batteri che convivono da molto tempo con uomini e animali si sono co-evoluti con loro, e c’è quindi un rischio ridotto di contagi devastanti. Ma se si ha improvvisamente a che fare con un virus o un batterio che in qualche modo ha viaggiato attraverso il tempo, la questione è molto più pericolosa: le comunità umane sono pronte a fronteggiare nuove, antichissime malattie?
Ora tocca a te scrivere una risposta.