Lo studio ed il monitoraggio della biodiversità alpina è parte primaria dell'attività della Sezione di Zoologia dei Vertebrati. Le attività di ricerca si basano sullo studio delle relazioni tra specie e comunità da un lato e variabili ecologiche "chiave" (distribuzione, abbondanza e ricchezza specifica) dall'altro e cercano di individuare i fattori ambientali che influenzano la variabilità spazio-temporale nella distribuzione delle specie e nella struttura delle comunità. I dati vengono raccolti mediante campionamenti mirati, nell'ambito di progetti di monitoraggio provinciali e nazionali, nonché attraverso il contributo di iniziative di Citizen Science (ad esempio tramite collaborazione con il portale nazionale Ornitho.it).
Ecologia della migrazione degli uccelli
Ogni anno milioni di uccelli migratori attraversano le Alpi nel corso dei loro periodici spostamenti tra Europa e Africa. Questo affascinante fenomeno è stato studiato fin dal 1995 in diversi siti della provincia di Trento distribuiti dai fondovalle ai valichi d'alta quota sia nella fase prenuziale che in quella post-riproduttiva. Le indagini si concentrano in particolare su fenologia, eco-fisiologia, connettività migratoria e fattori ambientali che influenzano le dinamiche delle popolazioni in transito.
Due sono i progetti di maggiore rilievo nell’ambito di questa linea di ricerca, che prevedono la tecnica dell’inanellamento scientifico.
Progetto Alpi
Progetto di ricerca nazionale che ha preso il via nel 1997 ed è inserito nello schema europeo EURING per lo studio delle migrazioni attraverso l'inanellamento scientifico. Coordinato dal MUSE e dal Centro Nazionale di Inanellamento dell’ ISPRA, il progetto ha visto negli anni la partecipazione di ben 44 stazioni di inanellamento distribuite in tutto l’arco alpino italiano, due stazioni delle quali anche in Trentino: Bocca di Caset in Val di Ledro e Passo del Brocon nel Tesino.
Da agosto a ottobre di ogni anno nelle stazioni MUSE, su coordinamento della Sezione, operano inanellatori autorizzati e assistenti di campo specializzati, volontari e aspiranti inanellatori, che affiancano ricercatori, tesisti e stagisti provenienti da diverse Università italiane. Nell’ambito del Progetto, presso le stazioni di inanellamento, si organizzano attività educative e dimostrative, per far conoscere lo studio e il fenomeno della migrazione attraverso le Alpi ai ragazzi delle scuole o ai turisti interessati. Le "due stazioni" oltre ad essere luoghi di ricerca, sono quindi siti importanti per la formazione scientifica e per la divulgazione.
Connettività migratoria
Lo studio utilizza l'analisi dei rapporti di isotopi stabili per un approfondimento sull’origine geografica degli uccelli migratori in Trentino e più in generale sull'arco alpino italiano, tema di uno specifico dottorato iniziato nel 2013 e adesso concluso, realizzato con la Piattaforma di Analisi isotopiche della FEM (Fondazione Edmund Mach, Food Quality and Nutrition Dept. - Traceability Unit). In particolare, il progetto si serve dei metodi di analisi dei rapporti di isotopi stabili di idrogeno, ossigeno, carbonio, azoto e zolfo, applicandoli allo studio delle migrazioni degli uccelli in arco alpino in sinergia con l'attività dell'inanellamento scientifico. I rapporti isotopici variano secondo processi biogeochimici nello spazio e nel tempo, modellando sulla superficie terrestre aree con impronte isotopiche differenti; essi vengono fissati nei tessuti animali attraverso la loro dieta, riflettendo la variabilità isotopica locale. Tessuti cheratinici, come le piume degli uccelli, contengono informazioni sulla variabilità isotopica dell’areale geografico in cui si sono formati e misurati. I rapporti rivelano connessioni ecologiche esistenti tra areali riproduttivi, quelli di passaggio e sosta, quelli di svernamento. La ricerca ha quindi analizzato ed investigato la migrazione post-riproduttiva degli uccelli attraverso le Alpi, in particolare i Passeriformi (vedi Progetto Alpi), approfondendo sull'ecologia migratoria, sull'origine geografica e sui trend di alcune specie, migratrici trans-sahariane o intra-paleartiche, che sono osservate ogni stagione migratoria post-riproduttiva nel paesaggio alpino trentino ed italiano. L’incremento di conoscenze che risulta da questo studio può aiutare la conservazione degli uccelli migratori, soprattutto quella delle specie minacciate.
Pubblicazioni:
- Franzoi A., Bontempo L., Camin F. and Pedrini P., 2015. Studying birds flyways by ringing and stable isotopes (δ2H): a contribution for the conservation of European birds.10th Conference of the European Ornithologist’s Union, 24-28 August 2015, Badajoz. Poster.
- Franzoi A., Pedrini P., Camin Federica. and Bontempo L., 2015. Ecological behaviour of birds in post-breeding migration through the Alps using a multi isotope ratio technique. 10th Conference of the European Ornithologist’s Union, 24-28 August 2015, Badajoz. Poster.
- Alessandro Franzoi, Luana Bontempo, Paolo Pedrini, Federica Camin, 2016. Geographical origin of birds migrating through Alps: a stable isotope approach (δ2H). The 1 St Isotope Ratio Ms Day, May 9-11, 2016, Fondazione Edmund Mach, San Michele all’Adige (TN). Oral presentation.
- Franzoi A., Bontempo L., Pedrini P., Camin F., 2016. Trophic ecology of migratory birds as shown by stable isotopes (δ13C, δ15N, δ34S). The 1st Isotope Ratio Ms Day, May 9-11, 2016, Fondazione Edmund Mach, San Michele all’Adige (TN). Poster.
Avifauna nelle aree rurali e forestali
La composizione, ricchezza e distribuzione spaziale delle comunità ornitiche che frequentano le aree rurali viene analizzata in relazione alle caratteristiche ambientali e ai cambiamenti indotti dalle attività antropiche legate alle coltivazioni agricole. Le ricerche sono condotte in collaborazione con il Dipartimento Agricoltura e Turismo PAT e APOT (Associazione Produttori Ortofrutticoli Trentini), tramite censimenti semiquantitativi (FarmlandBird Index, Woodland Index: LIPU Ministero per l’Ambiente), punti d’ascolto e transetti, censimenti assoluti (per specie minacciate ed indicatrici) per il monitoraggio dell’avifauna degli ambienti agricoli e forestali.
Biodiversità nelle aree rurali
In Europa, gran parte della biodiversità terrestre sopravvive in aree dedicate all’agricoltura; di conseguenza, la corretta gestione di queste aree diventa fondamentale per la conservazione della natura.
Lo stato di conservazione dell’avifauna agricola e forestale in Italia e Trentino.Negli ultimi decenni, l’intensificazione delle pratiche agricole e l’abbandono delle aree marginali stanno minando seriamente l’equilibrio delicato che nei millenni si è instaurato tra produzioni agricole e biodiversità. Per questo motivo, la nostra Sezione svolge da anni ricerche sul tema della biodiversità negli ambienti agricoli, con il fine ultimo di favorire la
conservazione della biodiversità in questi sistemi produttivi e di orientare la gestione del territorio e la produzione verso
pratiche sostenibili.
La Sezione promuove e coordina il progetto
M.I.T.O. (Monitoraggio Italiano Ornitologico) nella provincia di Trento, progetto a lungo termine volto alla definizione del Farmland Bird Index e del Woodland bird index nazionale, indicatori utilizzati dall’Unione Europea per monitorare l’efficacia della Direttiva Uccelli. Il progetto si svolge in collaborazione con LIPU Birdlife e con il coordinamento nazionale MITO.
L’avifauna negli ambienti rurali montani.I prati da sfalcio sono da sempre un focus privilegiato dell’attività di ricerca della Sezione, vista la loro rilevanza nel caratterizzare gli ambienti di bassa e media montagna, che costituiscono gran parte della provincia e in considerazione dell’elevato valore conservazionistico, ecologico e paesaggistico che rivestono, oltre che socio-economico.
Quale biodiversità negli ambienti agricoli intensivi?
Recentemente abbiamo ampliato l’ambito di ricerca agli
agroecosistemi intensivi e permanenti della provincia, in particolare ai meleti e ai vigneti, che sono oggetto di studio anche di uno specifico dottorato di ricerca, che intende indagare le relazioni fra uccelli (un comprovato taxon bioindicatore) e ambiente negli agroecosistemi permanenti (prato-pascoli, frutteti e vigneti).
Seppur votati primariamente alla produzione, questi ambienti possono ospitare un buon numero di specie animali e vegetali, che concorrono a garantire la loro sostenibilità, ammesso che siano adottati minimi accorgimenti gestionali. L’approccio metodologico adottato si basa su un’estesa raccolta di dati faunistici (di presenza, abbondanza e successo riproduttivo) e ambientali sul territorio, combinata con l’utilizzo di modelli statistici, impiegati per indagare le esigenze ecologiche delle specie target e i fattori che modellano le comunità. I primi risultati evidenziano come lo stato di conservazione della biodiversità in questi ambienti dipenda dall’eterogeneità del paesaggio in cui sono inseriti e dalla presenza di ambienti naturali e semi-naturali residui, oltre che da scelte agronomiche e gestionali ben precise, che anno effetti variabili e scale-dependent. I risultati ottenuti permetteranno di aggiornare le conoscenze di base sull’ecologia delle specie studiate, di valutare gli effetti dell’agricoltura sull’ambiente e auspicabilmente di orientare le misure agro-ambientali previste nei Programmi di Sviluppo Rurale o in altri contesti.
Collaborazioni.Le ricerche sono svolte in collaborazione con numerosi enti, associazioni,
stakeholder e Università, in particolare il Settore Agricoltura e il Settore Aree Protette della Provincia Autonoma di Trento, la LIPU BirdLife Italia nell'ambito del Programma di Sviluppo Rurale, l’APOT-Associazione Produttori Ortofrutticoli Trentini, il Centro di Trasferimento Tecnologico della Fondazione “Edmund Mach”, l’Università degli Studi di Pavia e l’Università degli Studi di Padova.
Cambiamenti ambientali e climatici
Le potenziali minacce alla biodiversità alpina, derivanti da cambiamenti ambientali sia di origine antropica che climatica, vengono analizzate attraverso la raccolta di dati che avviene i) con campionamenti mirati lungo il gradiente altitudinale, ii) con monitoraggi su tutto il territorio provinciale, e iii) tramite expert opinion. La raccolta dati viene svolta anche nelle Alpi occidentali in collaborazione con l'Università di Torino. Anche in questo caso le comunità ornitiche vengono inoltre monitorate aderendo al progetto FBI nazionale.
I cambiamenti climatici sono la causa principale del declino di numerose specie animali che vivono negli habitat alpini. La minaccia rappresentata dal global warming è ulteriormente aggravata dalle attività umane o dalle loro variazioni, tra cui lo sfruttamento delle foreste, l’abbandono dei pascoli e la presenza di attività ricreative spesso impattanti che arrecano disturbo diretto alle specie o causano alterazioni importanti degli habitat. Ad esempio, la realizzazione di nuovi impianti sciistici, risulta spesso nella distruzione di habitat ideali per molti uccelli selvatici, legati ad ambienti d’alta quota.
La sezione Zoologia dei Vertebrati conduce studi su questo tema (Dottorato di ricerca con l’Università di Pavia) così attuale e rilevante per la conservazione a scala alpina, con lo scopo di descrivere e comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici ed ambientali sull'avifauna alpina e di indirizzare nuove strategie che possano essere efficaci per la loro conservazione.
Pubblicazioni:
- Brambilla M., Pedrini P., Rolando A. and Chamberlain D.E. 2016. Climate change will increase the potential conflict between skiing and high-elevation bird species in the Alps. J. Biogeogr. 1365-2699.
- Chamberlain, D., Brambilla, M., Caprio, E. Pedrini P. and Rolando A., (2016). Alpine bird distributions along elevation gradients: the consistency of climate and habitat effects across geographic regions. Oecologia 181(4): 1139-1150.
- Chamberlain D.E., Pedrini P., Brambilla M., Rolando A. and Girardello M. 2016. Identifying key conservation threats to Alpine birds through expert knowledge. PeerJ, 4: e1723; DOI 10.7717/peerj.1723.
Studi intensivi di popolazione
Si tratta di un articolato programma di studio finalizzato al monitoraggio di alcune specie di rapaci diurni (aquila reale, gipeto) e notturni o di altre specie minacciate a scala provinciale e nazionale (re di quaglie, averla piccola, salamandra di aurora). Tale attività è in continuità con il lavoro svolto nell’ambito dell’ormai concluso Progetto BIODIVERSITA’, negli anni 1995-2009.
Grandi Carnivori
Monitoraggio sistematico di grandi Carnivori (orso bruno, lupo, lince eurasiatica) e altri mammiferi tramite foto-trappolaggio.
Il gruppo di ricerca della Sezione di Zoologia dei Vertebrati e di Biodiversità Tropicale conduce un monitoraggio sistematico tramite una griglia di foto-trappole posizionate sul territorio trentino, per studiare la distribuzione di grandi carnivori (orso bruno, lupo e lince) e di tutta la comunità di mammiferi (in particolare, piccoli e meso carnivori, e ungulati). I dati raccolti saranno utlizzati anche per migliorare la comprensione dei fattori ambientali e delle interazioni tra specie (uomo compreso) che regolano i cambiamenti di distribuzione nello spazio e nel tempo.
La Sezione collabora al monitoraggio del Lupo in Trentino (in collaborazione con la PAT – Ufficio Foreste e Fauna e con il Parco Naturale Regionale della Lessinia), nell’ambito del Progetto LIFE Wolfalps (LIFE 12 NAT/IT/000807 WOLFALPS - Il lupo nelle Alpi: azioni coordinate per la conservazione del lupo nelle aree chiave e oltre), di cui il MUSE è partner. In particolare, la Sezione collabora al monitoraggio del branco di lupi presente da alcuni anni (2014) sui Monti Lessini, tramite attività di video-fototrappolaggio all’interno del Parco (Project Corea Area 5, Lessinia, VR), organizzata secondo una strategia di campionamento opportunistico. Inoltre, cura la divulgazione scientifica sul Progetto, in collaborazione con il personale incaricato.
Ecologia di popolazione dell'orso bruno.
La sezione collabora con il Servizio Foreste e fauna della PAT per lo sviluppo e applicazione di approcci analitici utili a migliorare la conoscenze riguardanti la demografia e le dinamiche della popolazione di orso bruno sulle Alpi centrali. Nello specifico vengono sviluppati metodi analitici in grado di integrare diversi tipi di dati disponibili per la specie, al fine di aumentare la precisione nelle stime di parametri demografici, abbondanza/densità e uso dello spazio. Questi informazioni sono infatti basilari per calibrare gli interventi gestionali e conservazionistici. L'attività rientra nell'ambito dell'ecologia quantitativa applicata.